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Agricoltura attualità italiane e straniere n. 7 anno VI Luglio 1957 Roma

Interessante può essere fare la storia della floricoltura e un giorno potremo eseguirla:
qui ci proponiamo viceversa di accennare alla storia dei fiori con un fine preciso : rendere noti i rapporti che essi ebbero in ogni tempo coll'uomo, l'amore che suscitarono, il conforto e il sorriso che eppero dare, l'influenza che esercitarono e la parte che hanno rappresentata o rappresentano nel mondo : con Alessandro Moroni diremo :
« non ci curiamo di sapere ciò che sono i fiori ma quello che moralmente valgono ».
Può parere che ciò non ia proprio di una rivista agricola e -- strettamente parlando – ciò si potrebbe dire; ma esaltare i fiori vuoi dire anche nobilitare un lavoro al quale si dedicano migliaia di produttori e centinaia di migliaia di lavoratori.
Cominciamo col dire dell'amore per i fiori: ha scritto Giuseppe Giacosa :
« io non credo che esista al mondo altra cosa più universalmente amata e lodata dei fiori.
Nella storia degli errori, dei pregiudizi, dei culti, delle ricompense che l'uomo assegna alle virtù, i fiori s'incontrano ad ogni passo: molte sentenze morali, mille precetti igienici sono derivati dal loro aspetto e dalla loro struttura; la loro abbondanza ha dato nome a città illustri : in ogni tempo l'arte degli ornamenti ha tratto ispirazione da essi : ai maggiori artisti fu vanto l'averli fedelmente, più d'ogni altra cosa, riprodotti».
« L'amore dei fiori, così universale e diffuso - scrisse Paola Lombroso - è al di fuori d'ogni idea di utilità e di interesse».
Il culto, l'adorazione dei fiori hanno preso le forme più svariate e più insospettate passando attraverso i popoli e le razze, le classi c le condizioni sociali così varie; essi si sono sempre mantenuti vivi e profondi.
L'idea di festa e di gentilezza, collegata ai fiori, fu così comune in antico negli uomini, che a tutte le circostanze, gaie e dolorose della vita, si volle associare il simbolo gentile e significativo di un fiore.
« Gli altari ebbero fiori e le cappellette festoni di verbena : petali di rose si sparsero nelle processioni: si vollero fiori sulle tavole imbandite, fiori sulle bare e nel camposanto: le spose ebbero corone di fiori d'arancio e i poeti corone di lauro e di mirto: la Pasqua si commemorò col ramo d'ulivo e la Palma e il Primo Maggio col garofano rosso ».
Con spirito e accento poetico, Giuseppe Giacosa conchiudeva un suo discorso' con queste parole :
« ... serbiamoci i fiori per metterli intorno la cuna dei nostri bimbi e sulle tombe dei nostri cari, per farci benigne le nostre donne e sorridenti le città c, se l'interesse della Patria richiedesse nuove battaglie, per cospargerne la via ai nostri soldati quando partano per il campo, per coronarli quando ne tornino vincitori ... ».
Dice Antonino Anile - in quel suo magnifico volume « Bellezza e verità delle cose » - « il fiore bene a ragione fu acro prima di essere scomposto dalla nostra indagine. Tale significato anche oggi non si è interamente perduto se ci è caro ornarne gli altari e se, coprendone le bare delle persone che amammo, siamo portati a credere che quegli occhi si sono chiusi a tutto ma non ancora alla bellezza del fiore ... ».
E più oltre: «il fiore nella sua bellezza tesse il pensiero di Dio ».
L'amore dei fiori è universale. «Chi non ama i fiori? » si domanda Emilio Girardini nella prefazione al volume di Maeterlink su « L'intelligenza dei fiori » : « difficilmente si trova un'anima tanto arida che, almeno per qualche momento,non abbia subìto il fascino dei loro colori, dei loro profumi, delle loro forme leggiadre. Il mistero del l'universo si serve dei fiori come di messaggeri eloquenti ... ».
Una prova del culto dei fiori si ha nella filologia: fino dal tempo più antico difatti infinite parole dimostrano come l'uomo abbia guardato con tenerezza a tutto ciò che appartiene alla vita del fiore.
La parola « fiorire », del resto, è adoperata in senso ammirativo per significare la grandezza, lo sviluppo rapido e fecondo: di una donna diciamo che è « fiorente » per dire che è bella, sana, vigorosa, come di un'impresa, di un'attività qualsiasi si suol dire che « fiorisce » allorchè si sviluppa in modo nettamente favorevole.
Il parlare d'amore i Francesi chiamano conter fleurette, quasi che le dolci parole d'amore fossero fiori: da fleur derivano fleurt, flirt: fioretti erano le invocazioni poetiche dei Santi.
Dai fiori il linguaggio popolare ha tolto e toglie i suoi più significativi paragoni: « puro come un giglio », «fresca come una rosa », « modesta come una violetta ».
Il culto dei fiori si manifesta nelle opere dei poeti, dei letterati, degli artisti, come in altre parti avremo modo di dimostrare.
All'amore dei fiori si piegano gli idiomi delle genti in ognuno dei quali la parola fiore è sinonimo di bellezza, di squisitezza; vi si piegano le menti dei popoli primitivi nelle leggende.
Nell'antichità remota si trovano molti miti, molte credenze gentili, molte leggende che hanno per soggetto i fiori, i quali vediamo a volte partecipi delle divinità o diventare attributi o simboli divini.
Nella mitologia indiana la principale divinità, l'essenza di Dio nasce dal sacro loto natante s'une acque : il loto è pure il fiore simbolico della Iside Egizia « la quale dei suoi petali adorna i templi severi coperti di scarabei, di scolture simboliche e ne alterna i fiori coloriti a vivaci tinte policrome coi cartelli ove i geroglifici narrano i fasti delle antiche dinastie c sulle loro corolle foggia gli enormi capitelli delle colonne gigantesche ».
Sempre nella mitologia indiana il fiore è venerato come simbolo della fecondità : i1 sole, la luna, le stelle sono i fiori del giardino celeste : il raggio del sole è una canna fiorita che esce dalle acque e alimenta il fuoco del sacrificio: il fulmine è una ghirlanda di fiori lanciata.
Pushya (fiore) o pushyaka (fiorito) è l'epiteto dato al corso luminoso del dio Kuvera.
Pushpa è un tempio indiano.
L'arco di Kana, il dio dell'aurora, lancia fiori in guisa di freccia: ciò gli valse il nome di pushpaketana : pushpaketu (la cui insegna è un fiore), pushpaçara, pushpadharana (portatme di fiori) è un epiteto di Krishmo.
Il nome di pushpadanta (i cui denti sono dei fiori) è dato ad altri esseri mitici.
Pushpagiri o la montagna dei fiori nel'la mitologia indiana moderna è 'la montagna sulla quale il dio Varuna fissò la sua dimora Pushpàgama (arrivo dei fiori) e pushpasamaya (tempo dei fiori) sono due appellativi indiani della primavera.
Pushpa, in sanscrito come in altre lingue, designa il fiore della pubertà femminile.
Gli dei indiani si annunciano alla vita coi fiori: il fiore è simbolo di immortalità: l'essere divino non solo si annuncia coi fiori ma fa nascere fiori sul suo cammino e quando ride o parla lascia cadere dei fiori. I fiori seguono l'uomo nella sua vita: quando nasce, la casa si orna di fiori e si dice ai bambini che il neonato è stato raccolto in un giardino. Il popolo ellenico ha fatto larga parte, nei miti, ai fiori : Atene fu chiama « coronata di viole » a differenza di Sparta detta « cinta di ]ance ».
I cinesi affermano esservi, lontano, al di là del muro sconfinato, laddove esso si incontra colla azzurra curva del cielo, un luogo, olezzante di profumo di fiori, ove le anime dei fanciulli vivono in eterna primavera e là regnano antichi Numi, il Nonno e la Nonna dei fiori.
« Le leggende mitologiche offrono sempre, presso i Romani, la stessa vicenda o di fiori sacri peculiarmente appesi agli Dei nei templi come doni votivi ovvero di Numi che trovatisi in posizione difficile vennero trasformati in fiori ».
Il figlio del fiume Cefiso e della Ninfa Sisiope si sarebbe trasformato - secondo il mito – nel fiore chiamato Narciso.
Narra la favola che Aiace, il Telamonio, furioso per non aver avuto le armi di Achille, da esso contese ad Ulisse, si uccise e che dal terreno inzuppato del suo sangue nacque il Giacinto: un'altra favola dice che Giacinto, figlio di Amicla e Diomede e amico di Apollo un giorno, mentre giocava con lui, venne ucciso. Apollo, non potendo richiamarlo in vita, lo trasformò nel fiore che porta appunto il nome di Giacinto!
Presso i Romani quasi ogni fiore aveva una tenera storia che i devoti sapevano a mente come oggi si sa il catechismo : così le rose erano divenute rosse col sangue di Venere: Titania aveva in mano uno scettro di gigli e in fronte una corona di rose che, per soccorrere gli amanti, discende dai cieli sopra un raggio di luna : le compassionevoli vicende di Narciso e di Giacinto ... , cui abbiamo accennato, formavano una parte di erudizione sacra.
Lacerare, specialmente nei luoghi sacri, i petali di un fiore era un delitto sacrilego col quale si disturbava il riposo di un Nume che si era racchiuso nella coppa di un giglio o nel calice di una rosa.
In mezzo alle fiabe della mitologia romana si ritrovava spesso una recondita sapienza e dalle storie favolose nacquero le più sagge allegorie: così le rose rosse furono sacre a Venere non a caso ma perchè la loro bellezza di un giorno ricordasse la fugacità dei piaceri; il papavero fu sacro a Cerere perchè essendo rosso e globoso rappresentava la figura sferica della terra, le sue disuguaglianze indicavano le eminenze dei monti, l'interno degli alberi e i semi innumerevoli mostravano la fecondità.
Emilio Girardini nel libro del Maeterlinck, già citato, ha scritto « essere la sensibilità dei pagani non sufficientemente raffinata per comprendere le tenuità sottili della poesia floreale»: tale affermazione sarebbe in contrasto col lirismo dei fiori che era nel culto pagano. I romani seppero ravvivare la meschinità delle loro credenze col fascino della poesia: « a tale punto era arrivato l'alto significato dei fiori che le statue degli Dei non volevano dire più che una rappresentanza, ed i templi non erano che il recinto favorito del Nume, mentre l'alito divino vagava nei boschi e si confondeva col tenue profumo dei giardini ».
Che il genio dei fiori sia stato meglio compreso dopo l'avvento del Cristianesimo ci pare affermazione più vicina alla realtà: « finchè l'amore non si fosse sostituito alla rigidezza degli stoici, finchè la pietà non avesse raddolcita la tempra pugnace, finchè non avessimo appreso ad amare il sacrificio, dagli stoici soltanto saputo sopportare, finchè il dolore delle madri presso il figliolo morto non si fosse piegato al volere di Dio nell'ineffabile conforto del pianto non potevano i fiori ascendere alla loro piena dignità, non dovevano esercitare oltre che l'ufficio di pronubi alla voluttà, quello d'ispiratori carezzevolmente muti dei nobili affetti ».
Commovente è la leggenda dell'Andalusia che ci racconta come i fiori inaridissero sulla via che percorse Gesù per salire il Golgota e non vi fiorirono più mai, quasi ad indicare che laddove è passata la luce divina non può più rinascere sorriso o profumo di fiore alcuno. « Ovunque una gioia sorride o un dolore angoscia, dove si ricorda un passato o si festeggia il presente o si propizia l'avvenire l'uomo si circonda di fiori e di essi inghirlanda culle ed are nuziali, tombe e banchetti e ne trae simbolo di amore e di festa » : con queste parole A. Battaglieri esalta nel modo più alto i fiori.
Gli esempi di tale affermazione sono davvero infiniti.
Gli ateniesi, in un dato giorno di primavera, solevano coronare di fiori i loro bimbi, al terzo anno di età.
Dalle opere di molti scrittori di Grecia e di Roma si rileva come i due popoli cingessero di rose 1e statue di Venere, di Flora, di Giunone, di Imene e come nelle feste date in Atene in onore di questo ultimo nume i giovani d'ambo 1 sessi, nudi e coronati di rose, danzassero intorno al simulacro nel tempio per simboleggiare l'innocenza dei tempi preistorici.
Interessante è il seguente episodio: gli ambasciatori egiziani, credendo di fave all'Imperatore Domiziano un regalo magnifico, gli inviarono rose nel più crudo inverno.
Marziale rispose ad essi : « inviate grano, o Egiziani, noi vi copriremo di rose» volendo significare quanto abbondante e comune fosse in Roma in ogni occasione l'uso dei fiori!
I romani festeggiavano il loro giorno natalizio portando fiori, gli uomini al Genio e le donne a Giunone.
La religione dei fiori era intesa da tutti, perfino dalle cortigiane le quali, mentre con la clessidra misuravano le ore di udienza che accordavano agli amici, non dimenticavano di staccarsi ogni volta dei languidi fiori dalla testa per offrirli in atto di ringraziamento a Marzia.
Nei templi, nei sepolcri, nei conviti, nelle nozze, nei trionfi, nei giochi, nei teatri e nelle pompe di ogni genere, presso i romani, la prima parte spettava ai fiori.
Così gli antichi solevano cingersi le tempie con ghirlande di fiori freschi per mitigare i vapori del vino: si coronavano anche le coppe per godere, bevendo, della freschezza di quei contatti : secondo Plutarco si sceglievano, a tale scopo, i gigli, il croco e più di tutte si ritenevano rinfrescanti le ghirlande di rose e viole.
Si beveva il vino nel quale erano state immerse le corone.
L'uso delle corone nelle mense pare avesse il compito, oltre che di rinfrescare le teste dei convitati, di correggere l'aria infetta che si sviluppava nei banchetti per l'1ngrato odore emanato dai!a confusione dei cibi.
Gli amanti si servivano delle corone di fiori per ornare la porta delle loro belle, costume che, come vedremo, ebbe vita pure nel medio evo.
Nelle mense invalse, presso i romani, l'uso di far cadere i fiori dall'alto: essi costituivano l'anima e il brio dei conviti nuziali: dalla uscita della sposa dalla casa paterna fino alla cena offerta dallo sposo ai parenti ed agli amici, gli sposi camminavano sopra i fiori : la maggiore festa che si faceva alla sposa consisteva nel seminare di rose la via per la quale doveva passare.
I fiori si sparsero nei conviti, nelle feste nuziali, fiori pure si sparsero in Roma per onorare i morti: l'uso di convertire le dimore dei trapassati in giardini costituì una delle primitive manifestazioni de'l sentimento.
Ebbe fiori la terra ove i morti si riposavano: Tibullo aggiunge che tale pietoso rito si ripeteva ogni anno e i fiori venivano considerati come doni annuali che i viventi portavano a quelli che avevano lasciato nel mondo memoria di sè.
Il Narciso fu il fiore dei sepolcri: Nonno nell'XI delle Dionisiache dice che Ino, sul punto di essere ucciso, chiese per ultima grazia che sul suo sepolcro fossero piantati dei narcisi. Svetonio racconta che anche sulla tomba di Nerone per lungo volgere di tempo non mancarono i fiori: Marco Aurelio, in segno di onoranza, portava fiori ai suoi maestri.
Molti lasciavano per testamento l'obbligo agli eredi di spargere rose ogni anno sopra le loro tombe.
Si soleva - tornando a più lieti argomenti spargere di fiori la via per i trionfatori: Livio racconta che, finiti i giochi, i romani si affollassero intorno all'Imperatore e gli offrivano dei fiori: Ovidio dice che mentre passavano i trionfatori le vie si imporporavano di rose.
I petali di Pesto cadevano sulle toghe candide dei Flamini nelle feste floreali di Roma antica e sulle porpore dei due vincitori che ascendevano il Campidoglio.
I Romani ebbero la passione dei fiori .
Il Medio Evo, scrisse il Conte Alessandro Moroni, ebbe « la galanteria dei fiori » - « il fiore di una bella donna fece più volte scorrere rivi di sangue e costò la vita di generosi cavalieri che si disputavano in tal modo la grazia e il favore delle regine dei loro pensieri. Un fiore regalato in pubblico ad un gentiluomo da una bella fanciulla era sufficiente a rendere beato un uomo, a fare fremere altri di invidia ».
I fiori servirono alla galanteria ... e ne nacque il linguaggio dei fiori del quale tratteremo più innanzi.
Non vi fu città d'Italia nel Medio Evo che non vantasse la sua festa dei fiori.
11 Romani ed i Sabini, fin dai tempi di Tazio, ebbero pure la festa di Flora : tali feste furono istituite . per oracolo della Sibilla nell'anno di Roma 513 fissandone la data al 28 aprile: i giochi floreali si celebravano nel Circo Massimo dal 28 aprile al 3 maggio. I giochi floreali si annunciavano a suon di tromba (floreali tuba) e vi si doveva assistere in vesti di vario colore ad imitazione dei fiori. Tali giochi, fatti da cortigiane, erano tutto quello che si può immaginare di libero e di impudico.
I giochi perdurarono fino alla decadenza del paganesimo.
Le feste medioevali dei fiori e delle ghirlande si celebravano di solito in primavera.
La rosa nel Medio Evo fu simbolo del silenzio, del segreto che gli amanti e gli amici si debbono conservare. Durante i lieti conviti veniva sospesa in alto sopra la tavola per ricordare a tutti i commensali che non si doveva dire fuori quanto era detto nella bella intimità conviviale. Parlarsi sotto segreto era espresso dalla formula « sotto la rosa » :sub rosa.
Nel Medio Evo, ancora le rose si usavano nelle feste nuziali. Il Conte Moroni accenna pure, nella sua interessante pubblicazione, alla importanza che meritarono i fiori nei giochi di conversazione venuti in uso nel Medio Evo come il tempio di Venere, l'assedio d'Amore, il senato e l'inferno amo51 roso, ecc. Ma in nulla valsero come nei così detti « Castelli d'amore », posti sotto la custodia delle più vezzose donne, che venivano espugnati a forza di gentilezze. Come è naturale le più potenti artiglierie, in tale genere di battaglia, erano i fiori.
Racconta Io stesso autore che nel « Castelli d'amore», che ebbe luogo a Treviso nel 1314, da tempo ferveva la mischia fra i Veneziani che gettavano rose, gigli e viole e i Friulani che dicevano preghiere o parolette d'amore e non si giungeva a conclusione: i Veneziani non sapendo a qual partito appigliarsi sostituirono ai fiori monete d'oro colle quali grandinarono la rocca e le belle trevigiane ... si diedero per vinte.
Dalle feste dei fiori e delle ghirlande, celebrantisi in primavera, derivò l'uso di piantare il maggio: si alzava cioè un altare il primo maggio nelle piazze e lo si diceva « il maggio » e attorno ad esso si facevano danze, conviti, ecc.
Aggiungeremo ancora che il culto cattolico inghirlandò di fiori la figura dolce della Vergine e a lei si consacra il mese in cui la Natura si risveglia e le preci si circondano di fiori.
Le rose sfrondate coprivano il suolo dove passavano i vecchi sacerdoti cattolici che dicevano inni liturgici.
Di rose fragranti si riempivano, secondo le superstizioni dei primi cristiani, i colombari riposti dove le vergini, cadute per mano del carnefice, dormivano colle braccia in croce nella profondità delle catacombe.
I primitivi cristiani mostrarono in principio ripugnanza ad accogliere ·i fiori nei templi per non ereditare troppo gli usi pagani: però tali scrupoli svanirono presto e i fiori tornarono ad essere l'ornamento degli altari e l'omaggio alle divinità: dapprima furono accolti come un abbellimento, in seguito furono benedetti : così le rose rosse, prima sacre a Venere, furono destina te a significare la discesa dello Spirito Santo simboleggiando nei due casi il fuoco : così la festa di Pentecoste fu detta la Domenica delle rose, Pasqua rosata, la vera festa sacra dei fiori : nella Basilica Lateranense nello stesso giorno si spargevano rose per tutta la chiesa.
Secondo il cav. Gaetano Moroni nella Domenica delle Palme si benedicevano i fiori : nella Basilica Lateranense nella vigilia di S. Giovanni Battista fu antichissimo il rito di benedire e distribuire i garofani.
Nella quarta Domenica di quaresima è rito della Chiesa che il Pontefice benedica, con somma pompa, una rosa d'oro: tale uso rimonterebbe al sec. V, secondo alcuni storici, al sec. IX secondo altri : alcuni ritengono che esso abbia vita fin dal primo nascere della Chiesa poichè il Cristianesimo volle santificare tutte le buone tradizioni della religione pagana care al cuore dei popoli.
Nell'età di mezzo la benedizione della Rosa d'oro si faceva con pompa solenne : il Pontefice del Laterano si recava alla Bas•ilica di S. Croce in Gerusalemme ove benediceva la rosa. I più potenti imperatori ambivano il dono della rosa.
Ci sia consentito di ricordare qui due leggende di profonda ispirazione religiosa.
La prima riguarda Tecla, la Santa: presso Egre in Boemia in un vecchio convento che ospitava buon numero di suore si trovava Tecla che adorava i fiori tanto - ha scritto il Coppée - che le spuntava il pianto su le ciglia al sol mirare un giglio o una giunchiglia.
Un giorno Procopio, il seguace di Giovanni Huss, coi suoi Taboriti, che tante stragi avevano seminate, arrestò il cavallo dinanzi al monastero.
Le pie e vergini suore gli andarono incontro cantando inni di pace : il feroce eresiarca sguainò la spada e, confittala al suolo, pronunciava il seguente giuramento :Giuro per Dio, che lassù mi vede, per l'Huss, campione della nostra fede, giuro partir se alla novella aurora questo mio acciar germoglia e se s'infiora.
All'alba la spada non aveva messo radice ma, per prodigio, un convolvolo era spuntato al suo piede e vi si era avviticchiato e di azzurre corolle inghirlandava l'elsa lucente.
L'orda dei Taboriti partì : il fiore aveva salvata Tecla la Santa.
La seconda è la leggenda cristiana della Passiflora: il martire Nazzareno agonizzava: non un fiore sul suo capo, coronato di spine, non una goccia di acqua sul labbro inaridito.
Una pianticella di fiori modesti, dal mite profumo, cresceva ai pie' della croce. Tenace s'avvolse allo strumento di morte e sulla fronte livida portò le sue corolle odoranti.
L'ultimo sospiro del morente sfiorò i petali delicati e da quel giorno il fiore, perduto il suo profumo, portò la traccia degli strumenti che avevano straziato il sereno Rabbì di Galilea.
Nell'epoca moderna i fiori «andranno a perdere tutta quella importanza che avevano saputo guadagnare nel cuore degli uomini, per ritornare ad essere null'altro che fiori » : « le epoche moderne, in quanto al sentimentalismo e simbolismo dei fiori, si presentano meno animate e più pallide delle antiche »: l'epoca moderna, scrisse il Moroni, ha la « scienza dei fiori »; l'amore dei fiori esiste ancora : « che sono le diecimila rose che possediamo se ne manca ancora una?».
« E ne mancherà " sempre una " chè ne cercheremo sempre un'altra per il desiderio di conquista che è la suprema legge della vita»: Aldo Van den Borre con queste parole afferma quale sia fattuale amore dei fiori.
La terza dinastia dell'antico regno d'Egitto era - secondo quanto ci insegnano le tradizioni egiziane - già in possesso della scrittura : non di una scrittura regolata dai segni fissi dall'alfabeto ma di una scrittura, simbolica ed ideografica. Son simboli o emblemi le immagini che richiamano allo spirito una idea legata ad essi per analogia e rapporti più o meno facili a rilevarsi.
Gli antichi egiziani, unendo immagini atte a richiamare alla mente pensieri completi, formarono i loro scritti emblematici noti sotto il nome di geroglifici: fino all'introduzione degli alfabeti il pensiero non potè essere rappresentato che dall'immagine di uno o più oggetti che servissero a richiamarlo.
Così il fuoco per i Persiani fu emblema della divinità: per i Romani una corona di lauro era emblema di gloria: un ramoscello di olivo di pace, ecc. : ai simboli antichissimi si aggiunsero quelli dell'Evo Medio e del moderno: così la croce fu emblema della redenzione e del cristianesimo: una rosa sul sepolcro di una giovanetta servì ad indicare che era morta a 20 anni : un fiore di myosotide disse non dimenticare: la mammola servì ad indicare la purezza: le piante e i fiori, in tutte le età, furono presi come emblemi atti a rappresentare il pensiero e dalla loro molteplicità sorse un vero linguaggio che fu detto il linguaggio dei fiori.
Il linguaggio dei fiori pare sia antico quanto il mondo : gli Orientali hanno attribuito difatti ai fiori un linguaggio simbolico desunto dall'indole dei diversi vegetali : i Cinesi conservarono a lungo un alfabeto di cui tutte le lettere ebbero la figura di un fio re o della sua radice : sui marmi dell'Egitto si legge ancora il ricordo delle antiche conquiste rappresentate a mezzo di vegetali.
Se il linguaggio dei fiori fu conosciuto dall'antichità quasi istintivamente, nel Medio Evo divenne una vera scienza.
In tale epoca non poteva esservi compìto gentiluomo che non avesse saputo intendere e valersi della eloquenza dei fiori.
Negli antichi romanzi di cavalleria si leggono poetiche istorie del fascino esercitato dai fiori ed anche stratagemmi singolari riusciti per mezzo di essi.
I libri gotici sono pieni di emblemi composti coi fiori: vi si apprende così, in un romanzo del tempo, che Oriana, prigioniera, non potendo corrispondere colla persona amata, riesce a dargli notizie di sè e dei suoi dolori gettandogli dalla torre alta una rosa irrorata colle sue lacrime ...
Del linguaggio dei fiori si racconta che si valessero le belle odalische negli harems per vendicarsi del tiranno che offendeva la loro bellezza : un ramo di mughetto gettato a caso dirà ad un giovane preferito che la sultana favorita, stanca d'un amore tirannico, vuole corrispondere ad un puro sentimento.
Se le verrà ritornata una rosa sarà come dirle che il suo desiderio non può essere accolto; ma un tulipano dai petali rossi le porterà il sorriso della speranza.
La storia degli harems è tutta piena di episodi di amore nati, cresciuti nel segreto, ai quali hanno dato mezzo di esprimersi i fiori.
Quante arti sono state messe in opera per rendere parlanti i fiori: così, per esempio, una rosa con foglie e spine indicava lotta dell'animo e voleva significare « temo ma spero »; restituita a rovescio aveva un significato opposto, cioè « non dovete nè temere nè sperare troppo » : donata dopo averle tolte le spine, essa significava senz'altro« non temete più, ma sperate »; tolte le foglie diceva seccamente « abbandonate ogni speranza ».
I ranuncoli furono detti fiori di quaresima dal fiorire che fanno nei nostri giardini al principio della primavera e furono destinati ad interpretare il pensiero della bellezza. Il dono di un ranuncolo equivaleva al dire : « voi siete attraente e raggiante di bellezza » : l'amaranto, tricolore, raffigurava la gelosia, il narciso l'egoismo.
Quasi ogni fiore ha il suo simbolo!
I mazzi di fiori, opportunamente composti, offrivano la possibilità di esprimere un complesso di pensieri : così un mazzolino, composto di una margheritina, del rosmarino, del reseda, delle viole, alcune rosse, altre paonazze, con una veccia ed una tuberosa inviato ad una persona era come un odoroso telegramma che diceva : « amica cara, perché piangevi di nascosto ieri sera al ballo? » e ritornandone un altro composto di narcisi, rosmarino, timo, un giacinto bianco, un ranuncolo, una corona imperiale con menta e salvia portava per riposta «ho pianto la partenza d'un ufficiale partito per l'armata e di cui temo la morte ».
Caprifoglio (legame d'amore) più garofano rosso (energia) più rosa gialla (infedeltà) volevano dire « vi amo troppo, per essere infedele » : camelia (talento modesto) più viola del pensiero (ricordo) più mammola {modestia) dicevano «il vostro ricordo mi sarà sempre prezioso »: rododentro (confessione d'amore) più pervinca (dolci rimembranze) più lillà bianco (gioventù) esprimevano: « ricordatevi di me che vi amo e non oso dirverlo » ...
E non andiamo oltre nella esemplificazione che abbiamo fatto a titolo di curiosità.
Ma quante volte il linguaggio dei fiori ha dato conforto c sorriso, quante volte ad essi lo abbiamo chiesto!
«Quante volte una fanciulla paurosa non chiese al dubbi oracolo d'una sfrondata margherita un segreto che essa osava appena confidare a se stessa ed attese dall'alternarsi delle candide fogliuzze spiccate un responso che ne fece sussultare il vergine cuore? Quante volte non interrogò col soffio la tenue peluria dell'umile tarassaco se corrisposto fosse l'amor suo? e quante volte ancora non ricercò di nascosto, carezzando un diletto ideale nel cuore, tra le fitte erbe del prato, il raro quadrifoglio che le dovrebbe portare ventura? ».
Nei fiori si cerca il presagio del domani : ogni fior:e può contenere nei suoi petali il segreto di tutto un destino: ogni fiore è una parola e può avere un senso.
Nei paesi baciati dal sole, nella Conca d'oro, le giovanette lasciano alla guazza di S. Giovanni il fiore del cardo selvatico ed esultano se al mattino lo trovano sbocciato perchè hanno la certezza che l'amante è fedele : le giovanette svedesi ripongono il fiore sotto il capezzale onde in sogno conoscere l'avvenire.
Interessante sarebbe pure parlare del valore emblematico dei diversi fiori.
Quanto dovremmo dire ancora dei fiori! Quante leggende essi ispirarono! I greci dissero i fiori «festa dello sguardo », Plinio li definì « la gioia e 'l'orgoglio delle piante che li portano», altri li chiamarono i «capolavori della vegetazione »: in ogni tempo furono simbolo del ringiovanimento del creato nella eterna successione dell'esistenza!
I fiori, come dicemmo, furono e sono amati, ma ognuno di essi gode di particolari simpatie : Luigi II di Baviera, l'ammiratore di Wagner, amò i gelsomini, Sue, il celebre romanziere, preferì le orchidee, Dichens i rossi gerani, Schiller i gigli, Goethe le ortensie, Walter Scott i giacinti, Disraeli le primule, Mirabeau volle morire fra i fiori, Heine nei Reisebilcler giunge a paragonare il proprio cuore all'aloè; la rosa fu oggetto di ammirazione in tutte le età: da Omero al Santo Re David, da Firdusi ad Anacreonte, da Delille a Lorenzo Stecchetti, tutti esaltarono questo simpatico fiore.
Fiori furono posti sotto la protezione di Santi: così il lilium convallium è sotto la protezione di S. Giorgio: il giglio bianco, per il suo candore, di S. Luigi Gonzaga, il protettore della giovinezza, e di S. Giuseppe, il marito della Vergine.
Quali e quanti fatti miracolosi hanno per soggetto i fiori : ecco le verghe, in una notte germogliare e fiorire per miracolosa possanza di Santi anacoreti maceranti la carne per sublimare lo spirito, ecco i fiori sboccianti sotto il piede dei diletti di Dio aprentisi nel rigore del verno, nella notte solenne in cui gli Angeli cantavano l'osanna al Signore dei Cieli, la pace agli uomini della terra.
Sempre, in ogni tempo, sotto tutti i cieli, i fiori hanno rappresentato qualche cosa di sublime: oggi pure l'amore per i fiori è più vivo che mai : in Inghilterra, in Olanda, nel Belgio, in Francia, anche in America la passione dei fiori è più forte che da noi: chi ha viaggiato attraverso quei Paesi conosce la magnificenza dei giardini ma soprattutto ricorda con ammirazione i piccoli giardini e le finestre fiorite di tutte le case, anche delle più modeste.
L'Italia pure ha i suoi splendidi giardini e sotto il suo magnifico cielo crescono e sbocciano fiori d'ogni qualità, di ogni colore, d'ogni profumo.
Noi vorremmo che l'amore dei fiori fosse ancor più vivo e più profondo : ha scritto A. Battaglieri : « al primo giungere in un villaggio non mai veduto, la siepe di rose o i festoni di caprifogli che circondano un orto, vi indicano se non la più ricca, certo la più ordinata famiglia, come ad una finestra adorna di bei garofani corrisponde per lo più una stanza pulita e una operosa abitatrice. Il fiore è insieme testimonianza e causa di virtù casalinghe, di vita igienica e di benessere : il suo fascino va crescendo a misura che vi fate con lui più domestico; man mano che ne segui te i progressi, che lo vedete, quasi grato delle vostre cure, ripagarvi di profumo e di bellezza esso si impadronisce di Voi fino a diventare parte della vostra vita».
Per questa poesia che è nei fiori, in tutti i fiori, per quel tanto di bene che ispirano, noi vorremmo che in ogni casa, di ricchi e di poveri, essi avessero il loro posto d'onore.
Ed è con gioia che vediamo, nelle città, accrescersi l'arte nella vendita dei fiori: negozi distinti, una ricercatezza nel presentare al pubblico i diversi fiori, uno sforzo per farli amare ed apprezzare di più.
Nel dolore come nella gioia non dovrebbe mai mancare l'accompagnamento e il sorriso di un fiore!.

Dalla biblioteca del dr Luigi Ranieri dirigente del Corpo Forestale dello Stato a r.

I FIORI, DONI MERAVIGLIOSI DELLA NATURA PARLANO PER NOI
MARIO CASALINI