CORRADO VANELLA
APPUNTI PER UN CENSIMENTO FLORISTICO DEI PARCHI E DEI GIARDINI ANNESSI ALLE VILLE DELLA PROVINCIA DI MACERATA
Estratto da:
Ville e dimore signorili di campagna del maceratese
Atti del XXVIII Convegno del Centro Studi Storici Maceratesi
Abbadia di Fiastra - Tolentino, 14 - 15 Novembre 1992
Questa breve nota trae lo spunto e la sua origine dalla collaborazione da me marginalmente prestata all'arch. Gabor Bonifazi nel 1987 in occasione del suo lavoro di ricerca sulle condizioni architettoniche e forse anche di fatiscenza della Villa Lauri, già adibita a sanatorio antitubercolare ed attualmente in attesa di restauro, sistemazione e destinazione d'uso, lavoro compendiato in un grazioso libello uscito nel 1990, per il quale mi sono occupato della composizione floristica del complesso, censendo le specie botaniche arboree ed arbustive esistenti nel giardino e nell'annesso parco.
In tale occasione ed in altre connesse con il mio quotidiano lavoro ho potuto notare l'interessante e, per certi versi, strano assortimento di specie botaniche di interesse più o meno forestale, esistenti nei parchi e nei giardini delle ville di campagna o di città della nostra provincia.
Devo tralasciare le motivazioni che possono stare all'origine della introduzione di alcune specie particolari e che possono ricondursi di massima ad una stranezza o meglio ad una stravaganza per così dire esoticizzante dei proprietari e mettere in evidenza che di fatto in più di un caso mi sono trovato in netta difficoltà nel determinare la specie botanica di appartenenza di molti esemplari.
Posso affermare che molto spesso ci si può trovare di fronte a veri e propri giardini od orti botanici, considerando la bellezza degli esemplari, ma soprattutto la ricchezza e l'assortimento di specie botaniche rappresentate, a lontana somiglianza di quelli, così chiamati, per lo più annessi alle Università ad indirizzo naturalistico, sparsi e validamente valorizzati in tutto il territorio nazionale ed all'estero, dove ogni singolo esemplare risulta catalogato e porta a fianco il proprio cartellino segnaletico in bella mostra.
Il gusto, la fantasia o, come ho già detto, la stravaganza dei proprietari, oltre ad un comprensibile momento storico o, meglio, moda botanica, hanno caratterizzato la costruzione dei nostri giardini che in molti casi poco hanno conservato della vegetazione naturale tipica delle nostre colline. Ma questo è successo dove la flora originaria è stata eliminata per far posto alla coltivazione agraria o allo stesso complesso architettonico, soprattutto se composto da più corpi di fabbrica.
In alcuni casi tuttavia accanto, anche se non limitrofi, ai fabbricati ed ai giardini artificiali, rimangono ben conservati ed integri complessi boscati a volte di particolare bellezza, utilizzati come riserva inesauribile di materiale per il riscaldamento invernale, lungo i fossi e nelle pendici impervie e scomode, non utilizzabili dall'agricoltura intensiva e da altre attività legate all'economia rurale.
Sono questi lembi di boschi un campione caratteristico ed evidente dell'antica vegetazione che secoli addietro rivestiva le nostre colline, rivelandoci l'aspetto tipico del paesaggio come sarebbe stato oggi senza l'influenza antropica.
Quindi possiamo rinvenire nella nostra provincia parchi e giardini artificiali con presenza più o meno prevalente di piante esotiche e complessi boscati più o meno naturali, nei quali l'influenza antropica si è limitata al prelievo di legname da ardere o da lavoro per manufatti utilizzati nell'economia rurale e casalinga. Ricordo per inciso l'allevamento della quercia ad i alto fusto e secolare da servire di dote per le figlie femmine e per il superamento di particolari momenti economici familiari, pratica ormai in disuso per vari motivi a tutti noti e che non è qui il caso di ricordare.
E mentre da una parte possiamo vedere favorevolmente l'introduzione di alcune specie, caratterizzate da elementi morfologici di particolare bellezza, quali la forma della chioma, delle foglie, dei fiori, l'aspetto generale della pianta e della loro utilità indiretta o diretta, ci accorgiamo che altre specie, tra le tante che trovano favorevole il clima e l'ambiente e risultano nel tempo naturalizzate, si diffondono a tal punto da sfuggire al controllo e diventano invadenti o addirittura infestanti, come la Robinia pseudoacacia e l'Ailanthus altissima di cui ormai è difficile liberarci.
Tuttavia mentre la prima specie ha un buon apparato radicale, utile per la colonizzazione del substrato pedologico grazie ai tubercoli radicali di cui è munito, vivace facoltà pollonifera, legno sufficientemente duro e flessibile, utilizzabile per manufatti ed attrezzi agricoli ed una fioritura appetita dalle api, che ne traggono un miele molto ricercato, l'Ailanto, noto comunemente come albero del paradiso, introdotto al seguito di una farfalla che, a somiglianza del bombice del gelso, avrebbe dovuto fornirci in regime autarchico, materiale per tessuti tipo juta o canapa, è stato un completo fallimento, rimanendo esclusivamente come elemento inquinante dell’ambiente, ed, espandendosi attivamente, praticamente in continua sostituzione della vegetazione naturale.
Fortunatamente non tutte le specie introdotte si comportano così e, mentre dimostrano un ambientamento sufficiente a consentir loro uno sviluppo naturale simile a quello delle zone d'origine, possono essere facilmente sottoposte a controllo nella loro diffusione, permettendoci di godere della loro bellezza e delle loro caratteristiche a nostro piaci mento senza vederle dilagare indiscriminatamente.
Tra queste posso citare Paulownia tomentosa, Acer negundo, Salisburia adiantifolia (meglio nota come Ginkyo biloba), Trachycarpus fortunei, Chamaerops humilis, Gleditsia triacanthos, Sophora japonica, Liriodendron tulipifera, Aesculus hippocastanum, mentre devo segnalare l'esistenza di magnifici esemplari dalle dimensioni ragguardevoli di Quercus suber (sughera) nella Villa
Luzi di Treia, nella Villa Giustiniani Bandini (Abbadia di Fiastra) di Urbisaglia, nella Villa Bonaccorsi di Potenza Picena e forse in qualche altro luogo, di Sequoiadendron giganteum e Metasequoia sempervirens (sequoie) nella Rocca Borgesca di Camerino, di Cercis siliquastrum (albero di Giuda) nella Villa S. Domenico di Civitanova Marche e di Celtis australis (spaccasassi o bagolaro) nella Villa Verdefiore di Appignano.
APPIGNANO, Villa Verdefiore. Veduta della facciata e del piazzale antistante come era nel 1906.
Le sequoie sono spesso colpite dal fulmine, assieme ai cedri e presentano così con frequenza la cima secca, in conseguenza della forma del tronco a neiloide (sorta di cono con la superficie laterale concava), per cui sono da considerarsi veri e propri attirafulmini.
Mi preme infine segnalare la presenza, che io considero eccezionale, di alcuni esemplari di Taxodium disticum (volgarmente detto cipresso calvo), specie originaria del settore sudorientale degli Stati Uniti (dal Delaware, New York fino al basso bacino del Mississipi) perfettamente acclimatati nel parco parzialmente naturale a bosco della Villa Costa, in località Cimarella di Macerata, che presentano, come nella zona di origine, i pneumatofori, sorta di organi respiratori radicali emergenti dal terreno paludoso e sommerso.
Potrei continuare ancora, ma l'elenco delle ville nel territorio maceratese è molto lungo, dando credito all'arch. Bonifazi ed al suo libretto che ho citato e sinceramente non le conosco tutte, per cui non posso far altro che rivolgere un invito a tutti i proprietari o possessori di ville di far censire floristicamente i complessi boscati ed i giardini annessi perché vengano conosciuti, ne resti memoria e possa essere fissata una datazione ai singoli esemplari ma soprattutto sia resa testimonianza di una realtà magnifica in un momento in cui si parla troppo a sproposito di tutela dell'ambiente, anzi di ecologia, mentre in effetti non si ha precisa, o meglio corretta, conoscenza, dei luoghi in cui viviamo.
Questo aspetto della realtà emerge chiaramente e chiaramente è stato espresso da tutti gli oratori che mi hanno preceduto ed è fondamentalmente lo scopo del Centro studi storici maceratesi, quando realizza puntualmente ogni anno incontri di studio come quello a cui stiamo dando un modesto contributo e che si è dimostrato sino ad oggi di notevole efficacia.
Riporto di seguito alcuni esempi di censimento da me effettuati in alcuni parchi e giardini di ville, i cui proprietari si sono gentilmente prestati a far da cavia, offrendo anche la loro collaborazione per i rilievi di campagna.
Tralascio in questa sede la descrizione del l'ambiente e del clima relativo alle zone di ubicazione dei singoli complessi arborati in quanto l'inquadramento climatico generale, quale può dedursi dai dati posseduti, non fà fede della variabilità effettiva esistente, nei vari e singoli luoghi della provincia, per la parte da me presa in considerazione, che non caratterizza ogni singolo sito e non dà ragione in linea di massima della presenza delle singole specie, soggette a microclimi molto localizzati, ma che dimostrano generalmente notevole facoltà di adattamento e di ambientamento e risentono se non in minima parte delle differenze ambientali con il loro paese di origine.
Valga come esempio tra tutti i casi, la vicenda dell'abete rosso, usato ed abusato come Albero di Natale, che dopo quindici giorni trascorsi in ambiente chiuso e riscaldato, deve essere messo a dimora nel giardino di casa perché deve sopravvivere per un poco logico e forse distorto spirito di tutela del verde.
La specie Picea excelsa (abete rosso o albero di Natale), elemento tipico caratterizzante la Taiga, foresta sempreverde dell'Europa Nord Orientale e della Siberia, presente in Italia lungo l'arco alpino e sulle Dolomiti sopra i m 1000 s.l.m. ed anche sulle montagne marchigiane ma in remote Ere Geologiche, viene coltivato presso i vivai per la sua chioma scarna e dagli aghi corti, per il suo rapido e regolare sviluppo molto adatto ad essere ricoperto di addobbi artificiali natalizi e luci multicolori.
L'alberello, dell'età di circa 10-15 anni, viene sradicato con una zolla di terra insufficiente quasi sempre a contenere interamente il suo complesso apparato radicale e dopo il periodo natalizio subisce l'essiccamento della chioma, che continua a traspirare per l'ambiente troppo secco, per mancanza di acqua proveniente dalle radici e soprattutto per mancanza di radici.
Quest'ultima condizione è a mio parere determinante per la sorte della pianta che viene posta a dimora e che appena può perde in tutto o in parte le foglie per evitare lo scompenso tra la perdita per traspirazione e la mancata assunzione per assorbimento radicale.
A questo punto se le sostanze di riserva della pianta sono sufficienti a farle superare il periodo critico dopo il trapianto, e se l'intera pianta verrà irrorata a pioggia, mantenendone così l'equilibrio idrico, si potrà avere ripresa vegetativa e l'attecchimento della pianta.
Le condizioni dell'ambiente mediterraneo, diverse da quelle di origine a clima continentale per temperatura, umidità e ritmo biologico, consentono alla specie, anche per gli esemplari I non provenienti da feste natalizie, un rapido sviluppo ed una sorta di invecchiamento precoce, caratterizzato da un rigoglio vegetativo nei primi decenni, ma minore sviluppo in altezza e in diametro di tronco, maggiore suscettibilità alle malattie fungine ed ai parassiti che ne riducono la vitalità e la longevità. L'Abete rosso è un albero di prima grandezza, raggiunge nel suo habitat ottimale i m 50 di altezza, supera con facilità il metro di diametro del tronco ed ha una longevità naturale anche plurisecolare.
Questa lunga digressione può essere utile a chi legge queste note per capire quanto può sembrare facile l' introduzione di una specie esotica e nello stesso tempo è difficile, con risultati impensabili, ma che non hanno senz’altro nulla di naturale, mentre invece servono soltanto a soddisfarci e a procurarci un godimento tutto soggettivo.
Le specie introdotte dai proprietari con la loro stravaganza, in effetti, non hanno, per quello che ho potuto rilevare, il rigoglio e lo sviluppo vegetativo che posseggono nel loro ambiente di origine a dimostrazione di un loro difficile ambientamento generalizzato nel nostro clima mentre molte di quelle che noi consideriamo autoctone sono invece naturalizzate da tanto tempo che fanno parte ormai del nostro paesaggio e della nostra cultura.
Riporto di seguito il censimento che ho effettuato in alcuni parchi della zona collinare e non ritengo di poter produrre le cartine topografiche con il rilievo e la ubicazione delle singole piante, da me puntualmente rilevate, che, per motivi di rapporto rappresentativo, di dettaglio grafico e di nitidezza, sarebbero venute di dimensioni poco adatte alla stampa e scarsamente maneggevoli.
Inizio con la scheda particolarmente ricca e dettagliata, anche se non completa, relativa al complesso di Villa Lauri, che opportunamente modificata e completata potrebbe essere utilizzata per un rilievo generalizzato esteso a tutti gli altri parchi della provincia, qualora si potesse disporre nell'istesso modo dei dati ivi richiesti.
La scheda proposta è frutto della collaborazione con l'architetto Gabor Bonifazi a cui mi preme in questa sede rivolgere un particolare ringraziamento per averne permesso l'utilizzazione.
Riporto quindi in un quadro sintetico (Appendice) l'elenco delle specie rinvenute nelle seguenti Ville private prese in esame per il rilievo floristico da me effettuato:
- Villa Verdefiore in comune di Appignano, di proprietà del dotto Giovanni
Battista Milesi Ferretti, il cui rilievo è stato effettuato con la gentile e fattiva collaborazione della dott.ssa Alix Milesi Ferretti; trattasi di un complesso arboreo di impianto successivo alla costruzione della villa, che fu ultimata nel 1889, ad opera dell'arch. Bertone di Sambuj di Torino; comprende però una roverella trapiantata nel 1848, alcuni bossi ed un tasso giganteschi risalenti alla fine del 1700, un Trachycarpus fortunei
APPIGNANO, Villa Verdefiore. Veduta come si presenta oggi, due esemplari di Celtis australis (Bagolaro o spaccasassi).
(=Chamaerops excelsa) di età secolare assieme ai Cedri del Libano; gli esemplari di Celtis australis (Spaccasassi o Bagolaro) sono di anni sessanta circa;
- Villa Dolce Riposo in comune di Treia, di proprietà dei signori Cardini, la cui costruzione risale alla fine del 1700, e il parco - giardino annesso è stato sino ad oggi arricchito di esemplari di specie diverse e tra quelli esaminati risulta il più ricco, nonostante le modeste dimensioni; di notevole aspetto l'esemplare di Ulmus laevis (olmo ciliato) notoriamente immune alla coccinella dell'olmo ad alla grafiosi, pericolosi parassiti dell'olmo campestre;
- Villa S. Domenico, in comune di Civitanova Marche di proprietà del dotto Omero Mastronardi, anch'esso di piccole dimensioni ma ricco di specie più caratteristicamente mediterranee, compresi i magnifici esemplari citati di Cercis siliquastrum (albero di Giuda) dell'altezza di circa dieci metri.
Nella tabella sono riportati in ordine sistematico per Famiglia le specie rinvenute nelle tre località con il nome scientifico, il nome comune, la probabile origine e la presenza in ognuno dei complessi.
I simboli della terza colonna relativi all'origine significano:
A = Autoctona, indigena in Italia rinvenibile naturalmente nelle Marche e nella provincia di Macerata;
N = Naturalizzata, introdotta in Italia in epoca remota e che si diffonde naturalmente, perfettamente adattata al nostro clima;
E = Esotica, introdotta artificialmente, e mantenuta in coltivazione con buon adattamento all'ambiente, non riesce a diffondersi naturalmente;
I = di origine italiana, ma da ritenersi fuori del proprio ambiente ottimale, per clima e terreno, mantenuta e diffusa artificialmente;
C = specie o varietà ottenute e mantenute per coltivazione (= Cultivar) per le particolari caratteristiche, può comprendere molte delle specie di cui ai gruppi precedenti.
A conclusione di questo mio intervento non posso fare a meno di segnalare un autentico arboreto ed orto botanico esistente presso la Villa, architettonicamente e storicamente poco significativa, ubicata in comune di Macerata nei pressi della Chiesa di S. Maria delle Vergini, realizzato con rara competenza dal suo attuale proprietario il sig. Gino Cartechini, comprendente oltre centocinquanta specie di piante comprese alcune officinali, succulente ed esotiche rare, tutte ben scelte ed introdotte vicino agli ulivi, agli alberi da frutta, in un complesso degno di essere visitato soprattutto a scopo didattico.
Ricordo che anche un complesso arborato come i Giardini Diaz di Macerata deve essere guardato con estremo interesse, potendo essere, come lo è stato, palestra di insegnamento per una educazione ambientale di rara efficacia e raffinatezza, superiore a quello che sono state per noi le ormai cadute in disuso Feste degli Alberi.
Infatti alcuni anni fa un lavoro simile a quello che viene riportato in questa sede è stato compiuto in un anno scolastico presso la scuola elementare di via Panfilo i cui alunni, sotto la guida di ottime e sapienti insegnanti, dopo aver passato a tappeto proprio i Giardini Diaz, dove furono censite circa cinquanta specie di piante, con la collaborazione e la supervisione di chi scrive, produssero una serie di elaborati di notevole interesse, tra erbari, disegni, documenti fotografici, a dimostrazione che quanto è materia di cui parliamo può essere magnifico argomento didattico di educazione ambientai e insegnata sul campo e per questo più efficace.