Salvatore MUZZI
Il servizio forestale attraverso i secoli
II PUNTATA – Febbraio 1975
Epoca medievale e moderna
Crollato, nell'agosto del 476, l'impero romano d'occidente, in Italia si accentuarono le invasioni barbariche, che portarono in gran parte della penisola le orde slave, scitiche, celtiche e germaniche. Sotto le rovine dell'impero rimasero sepolte anche le antiche istituzioni e i secolari ordinamenti, mentre le guerre, le stragi, le epidemie costrinsero le popolazioni ad abbandonare le terre, che rimasero nella maggior parte incolte. Le boscaglie invasero vasti territori e in alcuni decenni le selve si dilatarono disordinatamente.
In questo periodo di oscurantismo, lo Stato malamente organizzato, non aveva i mezzi per provvedere alla tutela della sicurezza pubblica e privata e della proprietà; ad ogni legge prevaleva il diritto del più forte. L'esercizio della caccia nei boschi ebbe ogni predominio, dato che gli invasori provenivano da regioni ove in gran conto era tenuta l'arte venatoria, da cui ricavavano il principale mezzo di sostentamento. I boschi demaniali e quelli dei "Municipia ", che erano d'uso comune, divennero proprietà dei nuovi dominatori, perché s'intendeva proprietà del re ciò che non era proprietà di alcuno(1). Tuttavia, sussistevano ancora i " missi judicis " e gli " apparitores ", mentre i romani "saltuarii ", chiamati "saltarii", o " sylvaii ", erano qualche cosa di più che guardie boschive perché, alle attribuzioni di guardiania, congiungevano tranne facoltà punitive dei reati riscontrati nei boschi. Nelle leggi di Liutprando sono nominati insieme ai giudici, ai gastaldi, agli sculdasci, ai decani, ecc.(2).
A scopo di caccia, dunque, i boschi venivano sottratti all'uso delle popolazioni; questi territori venivano messi sotto bando e dichiarati “chiuse” o “foreste”. “... Il vocabolo “foresta”, attesta il DI BERENGER, non significava bosco, ma semplicemente luogo riservato, che poteva essere anche un lago o un fiume, derivando dalle parole latine " foris stare ", quasi a d'ire che chi non aveva diritto di entrare nel luogo bandito, ne doveva star fuori(3). Di qui è l'etimologia della moderna parola " bandita ". Cosicché, molte di queste foreste venivano materialmente chiuse con siepi o con muretti di pietre sovrapposte (macerae) e nessuno, senza permesso, poteva esercitarvi diritti, farvi legna, pascervi animali. A questo riguardo furono emanati, specialmente nell'epoca feudale, regolamenti locali di polizia forestale, fatti da ciascun feudatario. Ma, né i regolamenti più rigorosi, nè le barbare taglie dei signori valsero ad ottenere una stretta osservanza dei drastici divieti, a cagione della miseria delle classi umili, le quali, indispettite dalle tante restrizioni, causavano talvolta, per ribellione, danni ai boschi e al novellame.
La pena capitale fu in qualche caso comminata contro il pastore che si era inoltrato con il suo armento più in là che si potesse giungere con il lancio del suo bastone dal limite di confine. Il " saltuarius " era costretto a tirare sul capo del suo figliolo che avesse varcato la zona privilegiata, Pertanto, questi guardiani erano vigilantissimi, ben armati e pronti a servire i temuti padroni.
Successivamente, molti boschi, che erano stati fatti bandire, vennero "sbanditi ", per i gravi impedimenti che questi vincoli arrecavano alle civiche libertà e per le privazioni a cui sottoponevano le popolazioni. Il processo di " sbandizione " o di " deforestamento " era vigilato dai " saltari " e i boschi, liberati dalle restrizioni, venivano affidati all'amministrazione di un vicario ( vicarius "), alla cui dipendenza erano i " saltarii " o " forestarii ", e, in caso di boschi molto estesi, questi ultimi agenti dipendevano da un " magister forestariorum" (capo guardia). Alcuni altri boschi erano affidati alla sorveglianza di speciali agenti detti " custodes nemoris ". Tutto questo personale godeva del diritto di immunità e ad esso era affidata anche l'amministrazione della giustizia, eccettuata quella relativa alle azioni criminali(4). Ma, la sorveglianza esercitata sui boschi, durante il primo medioevo, era volta ad un unico fine, cioè non a preservare i boschi e le piante da manomissione, tagli irrazionali e depauperamenti, ma esclusivamente a far prevalere il diritto del signore e a regolare in essi l'esercizio del pascolo, a scopo di lucro. In seguito alla dilatazione della superficie boscata, il legname e la legna avevano un bassissimo prezzo di macchiatico, specialmente se prodotti da boschi relativamente vicini ai centri abitati, in quanto fin presso le mura di città e di castelli esistevano selve d'ogni genere. Invece, il pascolo particolarmente quello porcino, era motto richiesto, poiché i suini erano quasi esclusivamente nutriti con la ghianda e con la faggiola. Ecco quindi sorgere la necessità di controllare il pascolo per ricavarne il maggior utile. In effetti, a quell'epoca, la pastura dei suini nelle selve (detta " panagium ", da cui l'attuale vocabolo di "appannaggio ") era molto redditizia e pertanto si largheggiava nelle concessioni di pascolo, che, unitamente a quelle per la raccolta di semi (escatico), per la raccolto del miele prodotto dalle api nel cavo degli alberi (abelaggio), davano generalmente un utile maggiore di quello che si poteva avere dalla produzione legnosa. (Le stesse leggi - osserva il DI BERENGER - sotto la dominazione dei Carolingi, tendevano più a proteggere il jus di conferirne la raccolta, che non a conservare il capitale dei boschi "(5). Il corrispettivo che il signore della bandita esigeva, variava di entità e di modalità a seconda degli usi: talvolta era fisso e si pagava annualmente, tal'altra si riscuoteva subito, in ragione del vantaggio che si traeva dal bosco. Nel primo caso si trattava di un fitto, nel secondo di "gualdemannia " perché si pagava direttamente ai custodi del bosco, che erano chiamati anche " Gualdemanni ", da
" Gualdo "(6) cioè bosco, selva, bandita (dalla parola germanica "wald = bosco) eù" man " (uomo).
Ecco, quindi, accavallarsi, nell'alto medio evo, le varie denominazioni con cui venivano indicati coloro che erano addetti alla sorveglianza nei territori buscati: " saltarii " (dal romano " saltuarius "), " sylvarii ", " forestarii ", " gualdernanni ", a secanda della influenza che il dominio dei conquistatori aveva esercitato sulla lingua d'uso corrente. Come si è visto, le attribuzioni di questi sorveglianti erano difformi da regione a regione, cioè da principato a principato: sorveglianti ai boschi (a scopo venatorio), sorveglianti ai pascoli (per commisurare il numero dei capi di bestiame ai capitolati di affittanza), sorveglianti preposti all'esazione di canoni e balzelli (per concessioni di legnatico, di raccolta di semi, di pedaggio, ecc.). Non esisteva, dunque, a quel tempo, un vero servizio di vigilanza a tutelare i boschi e le proprietà boschive, ma un guardianato per riservare soltanto al signore, e ai suoi ospiti, il diletto della caccia, e per incrementare le sue rendite con le varie concessioni.
Il beneficio, il vassallaggio e l'immunità furono i tre elementi che caratterizzarono il feudalesimo, rendendolo dissolvitore dell'antico giure romano, dl ogni potere centrale, e quindi dello Stato unitario, anche perché gli interessi privati prevalsero su quelli pubblici. Chi, in quell'epoca, poteva dichiararsi il rappresentante della legge, l'esecutore della legge, della " Lex ", se ogni feudatario poteva emanare disposizioni e ordini (aventi valore di leggi per i suoi vassalli) secondo il suo tornaconto? Il bosco divenne l'espressione della prepotenza feudale e pertanto in questo periodo può dirsi che l'istituto di sorveglianza e custodia forestale fu pressoché inesistente.
Dei benefici e delle donazioni fruirono poi in larga scala monasteri, chiese, vescovi, a cui vennero concessi terre, boschi, castelli(7). Parecchie chiese ebbero il titolo: " inter sylvas ad nemora ", perché erette nelle donazioni boschive ricevute dal clero(8). Dai nuovi proprietari derivò un capovolgimento della situazione, perché gran parte degli arbitrii e dei soprusi cessarono, e l'uso di quei boschi per far legna, per pascolare, per la raccolta dei vari prodotti, fu concesso in cambio di tenui tributi. Ma questo esempio non trovò proseliti; e quando alfine le popolazioni, stanche del servaggio, rovesciarono il giogo del feudalesimo straniero e inaugurarono il glorioso periodo dei liberi Comuni, tra le prime istituzioni che vennero distrutte furono quelle delle servitù boschive.
L'agricoltura, che sotto il regime feudale , subì un fortissimo regresso, tornò a rifiorire e i beni dei feudatari, passati ai Comuni, vennero in parte divisi e quotizzati fra le popolazioni. Si verificarono, in tal modo, grandi devastazioni e incendi di quei boschi che, dopo le invasioni barbariche, si erano estesi sulle pianure; l'area forestale nella penisola ne risultò meno dilatata. Trascorso questo periodo, che può definirsi transitorio, perché furono restituiti all'agricoltura molti terreni adatti alle coltivazioni agricole, riportando un equilibrio nelle colture e tra le colture e le popolazioni, le distruzioni dei boschi cessarono, anzi, si passò poi alla conservazione del patrimonio silvano. Dall'XI al XV secolo, in tutti gli Statuti particolari dei Comuni, e quindi delle Signorie, delle Repubbliche marinare e delle monarchie furono contemplate via via disposizioni dirette alla conservazione dei boschi sia dal punto di vista economico che da quello dell'utilità pubblica nei riguardi del regolare corso delle acque. Ma, a questi indirizzi si giunse gradatamente, perché, nei primi tempi dopo il feudalesimo, l'importanza dei boschi era dovuta soltanto al fatto che da essi si ritraevano i materiali necessari per le marine e per gli eserciti. E per questo scopo, s'impose ai privati e agli enti di denunziare sotto giuramento tutti i loro boschi; ai Comuni di istituire guardia boschi; si provvide alla creazione di appositi magistrati per la coltivazione delle selve e si stabilirono pene per i contravventori.
In questo stesso periodo tornò a sorgere l'autorità dello Stato, il vigore della legge, il rispetto di essa, attraverso appositi organi. Nei liberi Comuni, i podestà e i consoli amministravano la giustizia ed avevano in genere attribuzioni di polizia. Così anche ai loro dipendenti e agenti erano affidati precisi compiti. Successivamente, nelle Signorie, nei Principati e nelle Repubbliche marinare, la gerarchia statale fu ripristinata e furono stabilite le attribuzioni delle varie cariche pubbliche. Gli organismi per la tutela della sicurezza pubblica furono rinnovati e perfezionati, come anche quello relativo alla sorveglianza e custodia dei boschi. Naturalmente essi differivano da un Comune all'altro, da uno Stato all'altro e pertanto sarà conveniente accennare, per quanto riguarda la custodia dei boschi, a quelli più importanti, omettendo gli altri.
(continua)
(1) PERTILE A. - Storia di diritto italiano, 1893.
(2) Leg. Liutpr. XV, 5 e VI, 30.
(3) Di BERENGER - Selvicoltura. 1887.
(4) COTTA A. - Lezioni tenute nel R. istituto Superiore Forestale di Vallombrosa 1912
(5) Di BERENGER - Dell'antica storia e giurisprudenza forestale in Italia 1859/63
(6) Le denominazioni attuali di alcuni paesi, quali Gualdo, Gualdrasco, Gualdo Cattaneo, Gualdo Tadino. ecc. derivano dalla parola "gualdo" e indicano la presenza di un bosco, in origine, presso gli attuali centri abitati.
(7) Cfr.: MUZZI S. - Vicende storiche ed economiche della foresta inalienabile del Cansiglio. " Annuali Acc. It Scienze Forestali " Vol. I
(8) ROSA A. - Storia dell'agricoltura. 1880-82.
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