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POLITICA ED ECONOMIA

DELLE SISTEMAZIONI IDRAULICO-FORESTALI

Abbiamo letto col più alto interesse la dotta prolusione che il prof. Zoli ha tenuto alla inaugurazione dell'ottavo anno accademico dell'Accademia Italiana di Scienze Forestali, in Firenze, il 25 gennaio 1959, avente per oggetto: "Politica ed economia delle sistemazioni idraulico-forestali".

A motivo della speciale importanza delle questioni trattate, di cui molte originali, riteniamo opportuno svolgere in forma breve e piana, a scopo divulgativo, e quindi sacrificando il rigore scientifico, gli argomenti e le considerazioni che potrebbero riuscire utili al personale incaricato di collaborare con gli Ispettori nella direzione dei lavori di sistemazione.

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Da uno studio del prof. Patrone, Presidente dell'Accademia Forestale, pubblicato negli annuali dell'Accademia, Volume primo, anno 1953, risulta che, dal 1937 al 1950, sono stati spesi in Italia, per poco più di 78 miliardi di lire, rapportate al valore della moneta nel 1950, con una media annua, nel dopoguerra, di meno di due miliardi di lire, sempre nel 1950. Questo importo si riduce sensibilmente se si tiene conto che un'apprezzabile quota di spesa è stata assorbita dai rimboschimenti aventi soltanto la finalità economica di aumentare l'area forestale, e quindi la produzione del legname, e non quella di difesa contro le cause di dissesto idrogeologico, carattere che è invece essenziale e specifico delle sistemazioni idraulico-forestali. Dopo il 1950, le sistemazioni hanno avuto un impulso molto vigoroso sia in virtù delle leggi della Cassa per il Mezzogiorno sia in virtù delle leggi sulle aree depresse e sulla Montagna. Tuttavia non è stato ancora raggiunto un ritmo sufficiente per realizzare le condizioni di equilibrio a cui bisogna tendere. Riteniamo anche noi, con l'Autore, che se le ingenti somme che annualmente vengono spese, per riparare i danni prodotti dalle alluvioni. venissero aggiunte agli stanziamenti ordinari, che vengono annualmente disposti, si potrebbe raggiungere l'invocato equilibrio e si potrebbero conseguire maggiori vantaggi perchè i lavori verrebbero razionalmente progettati, in linea preventiva, con criterio di integralità, cercando di curare il male, cioè i danni alla origine, ed evitando quindi interventi intempestivi, frettolosi e dispendiosi per riparare, poi, a più gravi danni. La massima "meglio prevenire che reprimere o riparare" trova insomma la più incondizionata applicazione nel campo delle sistemazioni e, per di più, consente di conseguire notevoli economie e vantaggi.

Inizialmente, ci sarebbe da compiere uno sforzo tecnico e finanziario, ma gradualmente si rientrerebbe, entro pochi anni, nella normalità, sicchè, in definitiva, il potenziamento delle sistemazioni idraulico- forestali non porterebbe, dopo breve tempo, nessun aggravio economico allo Stato, perchè farebbe risparmiare le ingenti spese di riparazione dei danni. Superfluo aggiungere che si conseguirebbe pure una maggiore sicurezza e tranquillità, perchè verrebbe scongiurato il pericolo di alluvioni e si raggiungerebbe anche lo scopo di non vedere sommersi o danneggiati terreni di pianura, a coltura intensiva.

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Il problema delle sistemazioni idraulico-forestali viene affrontato di petto, e messo a fuoco, dal prof. Zoli, appunto perchè è un problema dello Stato moderno e perciò occorre innanzi tutto precisarne i termini e cioè: denominazione di uso corrente e denominazione scientifica.

Si sente comunemente parlare di "sistemazioni idraulico-forestali di bacini montani" e, tale imprecisa locuzione, oltre che piuttosto lunga, è inesatta e crea, perciò, confusioni e malintesi non solamente nel pubblico, in genere, ma anche nell'uomo politico o amministrativo che non abbia particolare competenza in materia. Nel campo tecnico, amministrativo e burocratico e nel campo della divulgazione ed informazione è meglio chiamarle: "Opere di difesa contro il dissesto idrogeologico" e ciò in armonia, a noi sembra, anche con la denominazione di vincolo idrogeologico introdotto dalla Legge Forestale e sancito, poi, dalla stessa legge sulla B.I.

La denominazione proposta trae origine dal fatto che i danni alla stabilità del terreno e al regime delle acque sono essenzialmente prodotti dalla erosione fluvio-franosa, cioè dalla progressiva incisione dei compluvi in montagna con la conseguente degradazione dei versanti; erosione fluvio-franosa che, a sua volta, genera il riempimento di tratti di alveo con conseguenti trabocchi, rotte, inghiaiamenti, e inondazioni. Il consolidamento della quantità dei materiali trasportati dall'acqua (portata solida) e la regimazione della circolazione sono proprio le tre operazioni fondamentali delle sistemazioni idraulico-forestali.

Lo scopo precipuo che vogliamo conseguire è quello di raggiungere, o almeno di tendere al raggiungimento, della invarianza della forma della superficie terrestre, condizione che si può favorire frenando le forze naturali che tendono ad alterare lo stato attuale di essa e accettando soltanto le modificazioni che anche se eseguite ad opera della natura sono volute e stimolate da noi oppure sono attenuate dalla lenta distribuzione nel tempo e nello spazio, sicchè non riescono dannose. Riuscire a questo significa non solo conservare la terra, ma tutto ciò che l'uomo ha creato su di essa; significa eliminare frane, inghiaiamenti ed impaludamenti e significa altresì conservazione, ordinaria o straordinaria della sistemazione e degli impianti stessi, esistenti nel suo ambito).

Questa speciale opera di conservazione è, nell'ambito montano e collinare, specifico oggetto delle sistemazioni idraulico-forestali e draulico-agrarie; ma anche nei territori di pianura essa si avvantaggia in modo decisivo delle sistemazioni in parola. Il dissesto idro-geologico ed i relativi interventi difensivi non hanno sede esclusivamente in montagna. Non è, perciò, il caso di parlare di sistemazione montana e sarà bene evitare anche la denominazione di bacino montano che molte volte viene fraintesa con quella di laghi artificiali a scopo irriguo o per utilizzazione idro-elettrica.

E occorrerà pure rinunziare alla parola forestale, almeno formalmente, soggiungiamo noi, rinunzia. Lo scopo è essenzialmente quello di evitare che si possa fraintendere, da parte del grosso pubblico, o anche di uomini politici e burocratici, che non abbiano particolare competenza in questa materia, che lo scopo delle sistemazioni idraulico-forestali sia quello di rimboschire. E' appena il caso di far rilevare, infatti, che solo qualche volta troveremo uomini appassionati e sensibili alla poesia della foresta, ma più spesso troveremo uomini d'azione che, in dipendenza anche delle scarse disponibilità di mezzi, si preoccupano di risolvere problemi urgenti e immediati di fronte al ai quali la iniziativa di nuovi boschi passa in seconda linea ed è quindi posposta o negletta in considerazione di altre necessità impellenti. Tutto ciò però non esclude affatto che, nella progettazione di "opere di difesa contro il dissesto idrogeologico", sta contemplato l'impianto di boschi a scopo difensivo, e quindi come mezzo sussidiario di quello principale, ma è anche bene precisare che tali boschi, pur contribuendo alla valorizzazione di terreni e alla produzione, non hanno questo fine precipuo e perciò interessano il forestale in funzione di sistematore piuttosto che di silvicoltore.

Quanto alla scienza che si occupa dello studio dei fenomeni di dissesto idrogeologico e dei relativi interventi difensivi riteniamo, col prof. Zoli, che sia meglio adottare un vocabolo nuovo anche se convenzionale, piuttosto che cadere in locuzioni lunghe o incomplete o inesatte, e perciò useremo il termine "idronomia" come la chiama il prof de Horatiis, che è stato maestro di tutti i forestali della nostra generazione, i quali, con animo grato, lo ricordano e lo venerano. Perciò nell'ambito scientifico confermiamo e divulghiamo questo nome nuovo per indicare quella branca dell'idraulica fluviale che si occupa del governo delle acque, ossia delle opere di difesa contro il dissesto idrogeologico.

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Circa i pregiudizi dannosi al riconoscimento della importanza delle sistemazioni idraulico-forestali e anche alla tecnica di esse, citeremo i seguenti.

Un primo pregiudizio è che nel disordine idrogeologico il bosco sia il toccasana di tutto: regima torrenti e fiumi, elimina catastrofiche piene, assicura la stabilità del suolo, risuscita e potenzia le sorgenti, migliora il clima, ecc.

In tutte queste affermazioni c'è molta verità , ma c'è pure - frutto di naturale passione per il bosco, da parte dei forestali - una certa esagerazione, che, come si è accennato, può compromettere l'approvazione e il finanziamento dei progetti.

Ribadito il concetto che il bosco, nelle sistemazioni, è un mezzo e non un fine, il prof. Zoli precisa la funzione e gli effetti di esso, con una certa prudenza, nei termini che qui di seguito riassumiamo:

1) il potere regimante del bosco, agli effetti della moderazione delle piene dei corsi d'acqua, è tanto maggiore quanto più piccolo è il bacino imbrifero del corso d'acqua considerato: perciò in bacini piccoli l'effetto è grande, in bacini grandi l'effetto è piccolo.

2) l'efficacia del bosco nella difesa diretta contro il dissesto idrogeologico è molto grande e spesso risolutiva quando si tratta di contrapporsi all'azione erosiva sul terreni in pendenza.

Invece nei confronti della erosione fluvio-franosa, ossia nel caso di continuo scalzamento al piede dei versanti per progressivo abbassamento degli alvei, in montagna, il bosco perde in gran parte o totalmente la sua efficacia e, in alcuni speciali casi, può addirittura contribuire a provocare o ad accelerare il movimento franoso.

Se il versante che si presenta in tali condizioni è nudo e si riesce a rimboschirlo tempestivamente, si potrà, nella migliore ipotesi, arrestare temporaneamente il fenomeno franoso ma non eliminarlo, giacchè, per effetto del progressivo scalzamento al piede, aumento al piede, aumenterà la pendenza del versante stesso fino a raggiungere e superare quella limite di equilibrio.

Gli effetti del disboscamento dei versanti in forte pendenza sono invece sempre gravi, perchè si produce bruscamente una situazione di squilibrio con le catastrofiche conseguenze che spesso dobbiamo constatare, specialmente in montagna o in collina, ove, sempre per effetto della erosione fluvio-franosa, già preesisteva una situazione di equilibrio instabile.

2) L'influenza del bosco sulla circolazione idrica sotterranea è certa, ma per effetti modesti. Viceversa, un vasto disboscamento può produrre il depauperamento o inaridimento di sorgenti.

L'influenza del bosco sul clima è in generale limitata all'area su cui insiste e ad una ristretta zona marginale.

Come la sopravalutazione del bosco, così nuoce alla tecnica e all'economia delle sistemazioni stesse la sottovalutazione di altri mezzi di intervento, sottovalutazione che nasce dal pregiudizio del così detto "mal della pietra", espressione che vuol significare la pretesa di arginare il dissesto idrogeologico con l'impiego esclusivo o prevalente di opere murarie.

Al riguardo occorre chiarire e precisare - soggiungere il prof. Zoli - che da noi non risulta che esiste il mal della pietra, inteso come impiego esagerato di opere murarie nelle sistemazioni montane. Si potrà, al più, parlare di insuccesso di qualche imbrigliamento andato in rovina o seppellito dai materiali trasportati, perchè la progettazione e l'esecuzione delle opere fu male impostata, oppure, in altri casi, di ritardo con cui una o più traverse si rinterrano per la concomitanza di altri fattori che non furono ben valutati, riguardanti specialmente la mancanza di vera urgenza nella sistemazione di quel tronco di alveo o, infine, di manufatti divenuti pressochè inutili, ai fini idraulici, per abbandono di qualche tratto di alveo, prodotto da cause imprevedibili o impreviste ecc. Ma si tratta in ogni caso di perfezionamenti e accorgimenti tecnici da introdurre, non di inutilità di opere. Occorre evitare, in ogni caso, di far nascere il dubbio, nella pubblica opinione, che le somme destinate alle sistemazioni idraulico-forestali possono andare male spese o, se non altro, che la tecnica di tali sistemazioni sia ancora incerta e che, quindi, convenga attendere che maturi.

Sta di fatto, invece, che il consolidamento degli alvei con opere permanenti, e perciò murarie, è la prima necessità per contrastare il dissesto idrogeologico e che, quindi, anzichè paventare un "mal della pietra", bisogna compiacersi di vedere costruite nei nostri torrenti, a sistemazione ultimata, molte, ben progettate e solide traverse. Non di meno, per evitare di costruirne un numero maggiore di quello necessario, sarà preferibile essere prudenti in un primo tempo per riservarsi di esaminare la necessità di impiantare in un secondo tempo, più o meno prossimo, le traverse intercalari. Tale criterio permetterà di distribuire e proporzionare le opere con maggiore razionalità e farà conseguire maggiore economia di spese. E' utile avvertire pure che occorre non trascurare le opere di fondo valle, che spesso hanno importanza basilare, decisiva, per raggiungere l'assetto dei versanti collinari o montani, e che occorre evitare una eccessiva anticipazione delle costruzioni di tali opere. Tale caso però ricorre con minore frequenza di quello opposto, di giungere cioè in ritardo, quando le situazioni sono così compromesse da rendere gli interventi più difficili, incerti e onerosi. E' ovvio, quindi che occorre tempestività di interventi.

Una politica di incremento delle sistemazioni sarà certamente favorita da una diligente economia delle sistemazioni stesse e quindi dell'arte di ben amministrarle. A tale fine non vanno dimenticate alcune specifiche raccomandazioni. Occorre anzitutto non perdere di vista il quadro dell'intera unità idrografica e, quindi, di criterio dell'integralità nella nostra attività di sistematori. E' poi da tenere presente che le opere devono essere costruite in generale, con la prospettiva che risultino permanenti, il che potrà richiedere una qualche maggiore spesa che però farà realizzare un'economia, nel tempo.

E' necessario, in sintesi, uniformare l'attività del sistematore ai canoni fondamentali della gradualità, continuità e integralità.

Altra avvertenza importante è quella del coordinamento delle attività, sia da parte dei Comitati e Uffici all'uopo istituiti, sia da parte dei tecnici preposti e sia, infine, da parte dei proprietari dei terreni interessati, meglio se riuniti in Consorzio.

Infine, l'economia delle opere di difesa contro il dissesto idrogeologico si avvantaggerebbe molto dell'opera di professionisti e funzionari tecnici ben preparati, per la maggiore perfezione di progettazione e di esecuzione delle opere, che si potrebbero conseguire, Una buona conoscenza, in estensione e in profondità, dell'idronomia e quindi delle scienze di base, idraulica e scienza delle costruzioni, e di quelle collaterali, geologia e selvicoltura - per citare le più importanti - è indubbiamente indispensabile e si inferisce quindi che è altrettanto importante e indispensabile il potenziamento degli studi di tali materie scientifiche e delle sperimentazioni relative oltre che delle cognizioni pratiche per la organizzazione dei Cantieri di lavoro e per la formazione di maestranze specializzate e di assistenti tecnici.

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E' confortante notare che dal 1950 in poi, per opera specialmente della Cassa per il Mezzogiorno e della provvida Legge sulla Montagna, si è prodotto un generale e benefico risveglio ed è stata avviata, su larga scala, la difesa contro il dissesto idrogeologico. Ma non basta: occorre pure difendere la cognizione e persuadere tutti, in primo luogo Autorità politiche e popolazioni, di montagna e rurali, che la fatale evoluzione della superficie terrestre, su cui viviamo, ha bisogno di essere moderata e disciplinata, specialmente in montagna e in collina, che l'opera del sistematore corrisponde ad un indispensabile e insostituibile lavoro di manutenzione per prevenire situazioni disastrose e, talora, catastrofiche e tragiche, che l'incuria, prima o poi, si sconta e che, infine, l'opera di prevenzione è più economica e conveniente dell'opera di riparazione.

E' chiaro che l'indirizzo e l'organizzazione delle opere di difesa contro il dissesto idrogeologico certamente influiscono per una più diffusa conoscenza e per un favorevole apprezzamento della efficacia delle opere stesse, e contribuiscono altresì alla formazione di una politica favorevole, sotto tutti gli aspetti, alla soluzione di questo importante problema nazionale. A tale scopo riteniamo necessario favorire la divulgazione che, perciò, anche noi ci proponiamo di fare con la presente nota. Vorremmo altresì che venisse favorito e incrementato lo studio dell'idronomia e delle scienze sussidiarie presso le Università e gli Istituti tecnici.

Un vasto piano di riforma delle Scuole è stato annunziato proprio in questi giorni dal Ministro della P. I. senatore prof. Medici, e noi, che conosciamo la sua profonda cultura specialmente nelle discipline economiche, agrarie e forestali, e la multiforme attività svolta durante il periodo in cui fu Ministro per l'Agricoltura e per le Foreste, ci auguriamo che la riforma in corso della Facoltà d'Ingegneria comprenda la istituzione di cattedre per l'insegnamento obbligatorio della Idronomia nelle sezioni di ingegneria idraulica e presso le facoltà di Agraria.

Anche negli Istituti tecnici per geometri o a indirizzo agrario, dovrebbe crearsi, a nostro avviso, una sezione forestale, con l'insegnamento teorico-pratico della Idronomia e delle nozioni fondamentali di Selvicoltura e di Economia forestale, per la formazione di Periti forestali che possano utilmente prestare la loro collaborazione nel vasto ed importante campo della progettazione delle opere per la difesa contro il dissesto idrogeologico e per la esecuzione dei lavori, ivi compresi impianto, coltura e governo dei boschi aventi scopi essenzialmente difensivi.

Mario DE MARTINI