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Carlo Collodi

Potrà forse sorprendere che nella nostra rubrica appaia un «personaggio» cosi insolito, quasi dimenticato dagli uomini; privo di basi concrete ed inadatto ad offrire sicure, immediate positive considerazioni.

La «fantasia» infatti regina di tante cose belle e soavi oggi non esiste più. Si è dissolta negli umani dissidi lasciando il posto a ferocissimi gnomi che rappresentano purtroppo interessi di media ed ampia grandezza. Per questa ragione il dimenticato e singolare «personaggio» merita di essere rievocato. E perchè la rievocazione non si esaurisca in una troppo modesta e tediosa analisi accompagnata da ormai superati spunti patetici, parleremo di uno scrittore che fece della «fantasia» cosa tanto viva, da saper mostrare a tutti quanto effettivamente valga e perchè meriti un titolo di casi alto livello, quello di Maestà, anche se ai nostri giorni fuori uso. Lo scrittore fu Carlo Lorenzini, più noto come Collodi, pseudonimo scelto dal nome del paese della madre, nel Comune di Pescia. Come potrebbe in altro modo Collodi, autore di «Pinocchio» essere ricordato fra santi, scienziati, scopritori e pensatori che hanno costituito finora la nostra «galleria» se non fondando idealmente il suo capolavoro nel più alto «figurato» personaggio della «Fantasia»? Pur famoso non è «fra i grandi» il povero Collodi! perchè? Cosa, che accade, il suo «Pinocchio» ha superato non soltanto l'autore, ma lo stesso romanzo. Singolare destino! Il Collodi nel 1883, dopo aver da più di un lustro superato la mezza età scrisse «Le avventure di Pinocchio» che, divenute famosissime, furono tradotte in quasi tutte le lingue e, ai tempi nostri, anche in film da W. Disney. Ma mentre quest'ultimo, quale vivace e noto regista cinematografico diede una versione particolare attraverso i suoi ormai celebri cartoni animati, pochi sono coloro che hanno interesse a scrivere di «Pinocchio» poichè è stato tanto detto del burattino che il rischio di ripetere cose già note sinceramente lo sconsiglia. Ma tutto questo perchè il celebre burattino con quel suo naso in aria, il cappuccio ben calzato in testa ed il vestitino variopinto ha giocato al suo inventore il più curioso degli scherzi, quello cioè di metterlo tanto da parte da prendergli perfino «il posto» sul monumento. E' come se in una gara di quelle che Mike Buongiorno predispone a «Campanile sera» fossero stati messi da una parte Pinocchio e da quell'altra Collodi e che il primo, forte delle sue lunghe e caratteristiche gambe di legno, abbia superato nella corsa il buon Collodi.

Fantasia, delle fantasie - si dirà - eppure questa volta è realtà; per fortuna già riconosciuta e avviata a trasformarsi verso un più giusto criterio.

Infatti noti scrittori come Leo Pestelli ne «La Stampa» di Torino del 22 agosto c. a. in un articolo intitolato «Narratori del nostro ottocento che meritano di uscire dall'ombra», ci informa che: Nella collana «La letteratura italiana - storia e Testi» dell'editore Ricciardi è uscito, a cura di Aldo Borlenghi, il tomo secondo dei Narratori dell'Ottocento e del primo Novecento, comprendente oculate scelte da Collodi (con tutto Pinocchio), Capuana, Panzacchi, Fucini, Pratesi, Martini, Faldella e Cantoni: una famiglia di scrittori già sollevata dall'ala monografica di Croce e tuttavia viva, per studi recenti e anche per qualche trapianto cinematografico, nella coscienza critica moderna. Ma anche scrittori (salvo il primo, che azzeccò l'universalità del capolavoro) più presto ricordati che riletti; e certo nettamente esclusi dalla moda del giorno, che è per la «rottura» e non per la tradizione.

Cosi come dice Leo pestelli: «colui che azzeccò l'universalItà del capolavoro» è rimasto, non esitiamo ad affermarlo, nel ventre cupo della balena alla fioca luce della candela forse in compagnia del povero Geppetto. E l'umano che egli rappresentò, pur nel ricordo sbiadito dei più patetici momenti della nostra fanciullezza, tuttavia si ripercuote ancora fra i ragazzi di tutti i Paesi. perchè? Anche se quasi sessantenne Egli seppe fondere se stesso nella grande visione di un «personaggio» più alto del suo Finocchio e dal quale il burattino stesso nacque, Sua Maestà «Fantasia». Una fantasia italiana però, dinamica ed a sfondo positivo dalla quale emerge quell'afflato di vivo e di vero che consentì all'autore di cogliere attraverso variatissimi componenti l'universalità del suo capolavoro. Capolavoro che trae la sua ispirazione dalla «fiaba» della lenta, faticosa conquista umana che dal bizzarro e dall'inconsapevole fino al burattino di legno raggiunge poi «in carne ed ossa,» una consapevolezza viva di se stessa, un senso alto e sereno della vIta: in tutto simile all'ascesa ed al sano equilibrio che il burattino raggiunge allorchè riesce a prendere forma reale di fanciullo. E la fiaba, che ripete il «vero» della storia degli uomini, simile al «ponentino» che spira pur nelle ore di forte calura, carezza lievemente grandi e piccini forse perchè gli uomini, spesso affaticati è stanchi, sappiano che esiste il sollievo: un qualcosa che non si vede e che tuttavia fa tanto bene. Cosi possiamo dire che come al mondo dolore male, ecc. possiedono un ciclo ad essi tristemente connesso, anche S. Maestà Fantasia ha, pur se sembra un paradosso, un regno sicuro, un vasto raggio di benevola influenza. Pertanto se Collodi è tuttora «vivo» in questa scia impalpabile di entusiasmi, di luci e di letizie, in una rotazione brillante di pensieri che fanno armonia, perchè Egli come autore non va oltre il burattino creato dal suo genio? Vengano le stagioni dello scrittore dopo quelle della sua creatura. Ci pare giusto! Specie a fronte degli sviluppi di una critica che ha già trovato notevoli premesse. Perchè inoltre non vorremmo che, pur con tutta la più rispettosa tenerezza finisse per «superare» il povero Collodi anche la Fatina dagli occhi turchini, altra indimenticabile figura del libro.

Proprio il 16 marzo di quest'anno infatti allorchè alla veneranda età di novantatre anni, è venuta a mancare Giovanna Giannini Ragionieri - colei che da ragazza aveva ispirato al Collo di la Fatina dagli occhi turchini - è stata oggetto da parte della stampa nazionale ed estera di una particolare celebrazione. La Giannini Ragionieri, detta anche la «Nonnina di Firenze» era l'unica rappresentante vivente di un mondo di sogno. Del mondo di uno scrittore che della fantasia fece «poesia». Di una poesia semplice che gli uomini farebbero bene a rileggere a tutte le età per sentirsi più buoni; in modo da dare al famoso monumento a Pinocchio, opera dello scultore Greco, innalzato nella ridente città di Pescia, un particolare significato. Universale come l'universalità del capolavoro del Collodi, nel senso più arto dell'espressione, affinchè divenga il punto di incontro degli intendimenti migliori; nei quali anche gli uomini più autorevoli possano incontrarsi, facendo di Pescia, con le sue molteplici qualità di fiori, la «Cadenabia», (se ci è consentito il paragone) di un'epoca nuova, nella quale si trovi il tempo di dare a Collodi il posto che si è meritato; in un'identità ideale con S, Maestà Fantasia, «dimenticata», ma indispensabile come il dolce trasporto delle cose belle prima che tutto finisca nelle spire fallaci di un crudo materialismo.

Pier Antonio CORSI