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Leonardo Da Vinci

Difficilmente la sintesi di tutte le capacità intellettive potrà trovare, sia pure nel cammino dei secoli, realizzazione più grande di quella che si sviluppò in Leonardo. Un genio che sfiorò il soprannaturale e lasciò in tutto ciò che fu suo o creò, un'orma maestosa destinata ad ingigantirsi lentamente presso gli uomini come un astro in graduale avvicinamento alla terra. Le molteplici, eccezionali manifestazioni del genio di Leonardo sono ancora un'avvincente curiosità, una continua ricerca nella cui premessa troviamo intuizione ed impulso creativo elevati al massimo di potenza. Una potenza che fu anche dolce armonia, caratteristica della terra in cui nacque: la Toscana! Infatti a Vinci, nelle vicinanze di Empoli, e, secondo la tradizione popolare, precisamente ad Anchiano, nel 1452 Leonardo, figlio «non legittimo» di Ser Piero notaio e di monna Caterina, ebbe i suoi natali. Natali che, se pur ebbero quel soffio di enigmatico e di misterioso che caratterizzerà un po' tutta la sua vita, non avrebbero potuto incontrare terra più suggestiva.

Per molti studiosi, tra i quali il Venturi (Storia della Pittura Italiana), può infatti ritenersi che la vocazione dell'adolescente per le arti belle si sia manifestata cosi viva nel paese di nascita da rendere indispensabile la scelta di un maestro in grado di comprenderla. E non a caso quindi ne fu scelto uno grande come il Verrocchio. Il clima mite della terra toscana e la pace dei campi impressi nella mente del giovanetto, furono la «pista di lancio» del più grande ingegno che la storia degli uomini abbia mai ricordato.

Nel 1472 Leonardo si trovò già iscritto nel «Libro Rosso dei debitori e creditori» della Compagnia dei Pittori in Firenze. La naturale forza di penetrare nelle cose lo portò ad entrare nello «studio» del Verrocchio già in possesso di una preparazione eccezionale. E poichè tale preparazione potrebbe stupire, potremmo forse trovare con Freud la spiegazione del fenomeno e cioè stabilendo un raffronto psicanalitico tra l'ingegno esplodente del giovanetto ed i lunghi incantevoli silenzi della terra natia assolata e verdeggiante. Certo si è che lo spirito di ricerca nei segreti della natura e delle cose l'animò ed accese il prodigio della sua mente. Prodigio che si manifestò rapidamente nello «studio» del Verrocchio, poichè si ebbe a constatare nel contrasto, d'altra parte immancabile, tra l'arte pratica tradizionale del maestro fiorentino e quella dell'allievo eccezionale e straordinario. Infatti quel contrasto tra l'opera del Verrocchio e quella di Leonardo apparve grande in occasione della tavola del «Battesimo» nella quale Leonardo ebbe a colorire di sua mano un «Angelo» che superò in bellezza ogni altro aspetto. I biondi capelli dell’angelo ed il lembo di vallata che le forma sfondo conducono a riconoscere le impronte dell'intervento leonardesco. Oltre 1'«Angelo del Battesimo» si ritrova la mano di Leonardo in molte altre opere che sarebbe lungo enumerare e che, tuttavia, vennero attribuite al Verrocchio o a Lorenzo di Credi.

Nel 1478, ormai fuori della scuola del Verrocchio, Leonardo ha già iniziato la Madonna del Fiore e la Madonna del Gatto: due opere una più grande dell'altra!

Ma non solo nelle pitture Egli è destinato ad essere grande, ma anche nei disegni.

Il primo, datato 5 agosto 1473, è agli Uffizi di Firenze, nel quale, come nei dipinti, ritornano i motivi rappresentanti vallate e distese piene di luce. E molti altri ne seguirono finchè ormai, preparato da molti disegni, «si immortalò», appena trentenne, nell'«Adorazione dei Magi». E proprio forse all'inizio del trentesimo anno, nel 1482, fu a Milano per offrire a Lodovico il Moro, allora Duca della città, le sue scoperte nel campo dell'ingegneria militare. E non si limitò solo allo studio di strumenti di guerra, poichè nello stesso tempo diede inizio al monumento equestre di Francesco uno Sforza.

Dal 1482 al 1490, tuttavia, i disegni d'arte militare abbondano: Leonardo delinea i concetti tecnici dei futuri carri d'assalto delle artiglierie e delle bombarde. Ma se il suo pensiero spazia fra le scoperte scientifiche l'ispirazione artistica tocca l'agile ricerca dell'infinito e dà alla pittura un affiato più vasto di ogni panorama: la «Vergine delle Rocce» del Museo del Louvre, altro capolavoro, ne offre prova famosa. Il quadro è costituito da quattro figure che compongono il gruppo: figure che si presentano nella pacata ombra di una grotta, in un fantastico scenario di massi, di lastre, di stalattiti acute, aperto da squarci verso la luce lontana di un tramonto nebbioso, verdognolo ed acqueo. Un insieme di volti, di espressioni, di contrasti che agItano la ricerca e la sospingono nel lento sussulto di un mistero espresso dalla dolce e particolare foschia della grotta anche se quella foschia incontra ad un tempo la luce. E' una «poesia» di immagini, una simbologia pacata di effetti sempre nel mistero, espressa a volte anche dalla tenerezza delle carni dei personaggi che affascina nel meditato sguardo d'insieme e nella malinconia del crepuscolo.

Nel 1497 Leonardo, nel refettorio dei, domenicani di S. Maria delle Grazie, fece un'opera ancora più grande: il famoso «Cenacolo», dove il calore mistico degli Apostoli contrasta con il divino isolamento del S. Maestro, appesantito dall'aria cupa di Giuda, mentre il lontano lume del cielo aumenta la sovranità della divina immagine: slancio di ondate umane che si frange nella sera con un'ombra di mistero avanzante che tocca l'anima. L'opera compiuta il 9 febbraio del 1498 è andata purtroppo quasi distrutta dal 'tempo. Nel 1499 Leonardo, inviati i suoi risparmi ad una banca di Firenze, parti per Venezia. A Mantova si soffermò ed ebbe a ritrarre la Marchesa Isabella d'Este, sorella della Duchessa Beatrice, moglie di Lodovico il Moro. La ritrasse a carboncino e promise di eseguire poi il quadro in pittura, ma al Louvre è restato solo il cartone allora eseguito. Giunto a: Venezia, che stava preparando la difesa contro i Turchi, Leonardo non soltanto propose ma fece eseguire un «serraglio mobile», cioè una specie di sbarramento con porte mobili in maniera da porre maggiore ostacolo al nemico.

Lasciata Venezia dopo pochi mesi, Egli tornò a Firenze verso la fine di marzo del 1500. Il monumento equestre a Francesco Sforza, purtroppo più volte sospeso per mancanza di mezzi adatti, era rimasto incompiuto ed in abbandono nella Corte Maggiore del Castello di Milano finchè le milizie di Francesco I, condotte ad espugnare quel castello, ne fecero bersaglio e lo distrussero. Solo pochi disegni oggi restano a ricordo. Sempre a Firenze, negli anni 1503-1506, benchè distratto da profondi studi di matematica, Leonardo si dedicò ad una delle sue più grandi opere: alla «Gioconda», ossia alla fantasticata Monna Lisa del Vasari che invece fu, con maggiore probabilità, la duchessa Costanza d'Avalos, vedova di Federico Balzo; capolavoro che oggi è al Louvre di Parigi. E dal sorriso della donna famosa che sembra parlare un linguaggio di natura universale affiora l'enigma carezzato da uno spunto di capriccio gentile, misterioso e profondo come profondo ed inafferrabile fu ed è ancor oggi il dramma intimo di Leonardo. Un dramma che si chiamò furore, calore, amore, coraggio, armonia e bellezza e che noi possiamo denominare semplicemente il dramma del genio. Del genio che conosce la parte più infinitesimale della vita, della natura, delle cose ed intuisce l'universo perchè già suo in un'enfasi quasi divina ed esultante dell'ingegno.

Tornato a Milano studiò opere per la navigabilità dell'Adda e per la sistemazione del Canale della Martesana. Nel settembre del 1513 parti alla volta di Roma dove gli venne apprestato alloggio presso il Pontefice, allora Leone X. A Roma si tenne appartato dedicandosi a studi di filosofia e ad elaborazioni di meccanica; per primo considerò le questioni dell'attrito e della resistenza dei materiali. Inoltre presentò il p-rincipio dell'eguaglianza delle pressioni su eguali elementi di superficie, anticipando Pascal di un secolo e mezzo.

Degni, altresì, di particolare ammirazione furono gli studi di Leonardo nel campo dell'anatomia umana tanto che a lui si attribuiscono i primi sezionamenti ed i criteri organizzativi delle prime sale incisorie.

E se Rinascita significò armonico amalgama di tutte le attività umane, Leonardo ne fu l'epico rappresentante; l'ingegno universale alla conquista di se stesso poichè, alla sensibilità acuta dell'artista, uni la profonda insaziabile indagatrice ragione dello scienziato.

Nel Castello di Cloux, presso Amboise, il 2 maggio 1519 Egli chiuse la sua esistenza terrena. Ma la sua vita intellettuale continuò poichè si inserisce ancor oggi prodigiosamente nel progresso formandone simbolo e concreta premessa: lasciò un grandissimo numero di disegni e manoscritti che, sotto il titolo di «Codex Atlanticus», si conservano alla Biblioteca Ambrosiana in Milano. I trattati sulla pittura, sull'anatomia, ma specialmente il Codice sul volo degli uccelli gettano la base di interessanti criteri. Straordinari gli studi sul volo con i relativi disegni di macchine volanti in cui ritroviamo i concetti delle moderne realizzazioni di navigazione aerea.

Anche nel secolo scorso molti studiosi pubblicarono scritti di Leonardo con molte note e commenti: il Ravaisson-Mollien nel 1881; il Richter nel del 1883; il Frantz nel 1885; il Ludwig nel 1888; il russo Dimitri Merez!hkovsky nel 1902, al quale inoltre spetta il merito di aver scritto la più bella vita di Leonardo. Ed infine, in questi tempi, è uscito il libro del Dottor Eissler, Edit. Mogarth Press, intitolato semplicemente «Leonardo da Vinci», ma che contiene spunti di vivo interesse.

Ma un particolare entusiasmo sta suscitando oggi la gigantesca sottoscrizione che è in atto in Inghilterra perchè il celebre cartone di Leonardo raffigurante la Vergine con il Bambino, S. Giovanni e Sant'Anna, non sia venduto all'estero. L'opera, che è valutata oltre un milione di sterline (circa due miliardi), ha finora suscitato l'interessamento di 250 mila persone. La Regina Elisabetta, fra queste, ha sostato a lungo dinanzi al capolavoro.

E se anche la sottoscrizione non dovesse in pratica dare gli effetti desiderati, non possiamo fare a meno di credere che gli americani non perderanno l'occasione, veramente unica, per entrare in possesso del meraviglioso esemplare del genio fiorentino perchè? Poichè la grandezza e l'universalità del genio di Leonardo sono, unitamente alla «Statua della Libertà», il più alto punto d'incontro dei popoli liberi, specie se il progresso, basandosi sulle premesse dei più alti valori, vorrà essere più sinceramente edificante e quindi più efficace contro ogni forma di materialismo.

Pier Antonio CORSI